La “Festa della Terza Domenica di Maggio” celebra la Madonna dei Pescatori

Una storia antica di Fede e di Mare

Una festa legata alle radici marinare del borgo di Diamante quella della Madonna dei Pescatori, un momento corale di devozione popolare, patrimonio della memoria storica di tutta la comunità adamantina. Ricade quest’anno nella data del 20 maggio, la “Festa della Terza Domenica di Maggio“, attesa dai diamantesi e da tutti gli ospiti che affollano la città per la assistere alla colorata e straordinariamente suggestiva processione della Beata Vergine Addolorata sul mare. Ha una storia antica, questa festa, che ha origine, probabilmente, dalla devozione delle corporazioni diamantesi. Marinai e agricoltori, le due attività in passato prevalenti a Diamante, dal 1700 e fino al
900 del secolo scorso, usavano associarsi per tutelarsi ed essere meglio rappresentate. La Beata Vergine del Carmelo, festeggiata il 16 luglio, era la protettrice dei contadini; l’Addolorata, quella della corporazione dei pescatori, celebrata, appunto, la Terza Domenica di Maggio. Una data che deriva probabilmente dalla tradizionale riunione degli iscritti alla “Compagnia dell’Abito dei Sette dolori”, dipendenti dell’Ordine dei Servi di Maria, che già dal 1500 si teneva, infatti, ogni terza domenica del mese.

Un’altra versione sulle origini, fa risalire questa celebrazione, e il giorno in cui si svolge, alla coincidenza con la miracolosa intercessione della Vergine Addolorata per il salvataggio di un pescatore durante una tremenda tempesta di mare. Filo conduttore di questa tradizione è comunque la fede della gente di mare, e di tutta la popolazione di Diamante che non si è mai risparmiata nell’omaggiare la Vergine Addolorata. Un documento del 4 settembre 1871 tratto dal Registro dell’Archivio Parrocchiale riferisce che la statua fu spedita a Napoli, via mare, per essere restaurata. In particolare si legge: “Fu restaurato il busto, fu lievemente ritoccato il sacro volto e guarnita di una nobile veste ricamata in oro della cui confezione ebbe cura il sacerdote don Saverio Ferrante. Contemporaneamente fu acquistato, a spese della popolazione, il mantello ricamato in oro e tempestato di stelle. Il 31 ottobre 1871 lo stesso Capitano Padron Antonio D’Angelo della città di Capri, che l’aveva trasportata con il suo battello a Napoli, la ricondusse a Diamante. La Statua fu benedetta dall’Arciprete don Giovanni Caselli, il quale con il clero e con quasi l’intera popolazione, processionalmente, attraversando lo stradone principale del paese, la ricondusse in Chiesa, sul trono per lei preparato, illuminato da moltissimi ceri, mentre sulla spiaggia bruciavano i fuochi d’artificio e tuonavano gli spari dei mortaretti. La popolazione tutta dimostrò la sua profonda devozione alla Madre dei Dolori ed ogni famiglia gareggiava nel presentarle doni di cera”.

I pescatori hanno legato indissolubilmente la loro storia al culto di quella che per questo è definita Vergine Marinara. In un passato, neanche troppo lontano, l’equipaggio di ogni barca di pescatori raccoglieva in un salvadanaio una percentuale del ricavato della pesca. Nei giorni che precedevano la festa, i capi-ciurma si riunivano e rompevano i salvadanai: la barca che aveva raccolto la maggiore somma aveva l’onore di portare a mare la Madonna, sulla sua imbarcazione mentre le altre barche, pavesate a festa con bandierine e lampare, seguivano la Madonna, nella traversata che partiva dalla “spiaggia piccola”. Chi rimaneva a terra aspettava il ritorno del corteo che dalla spiaggia proseguiva fino alla Chiesa Madre dell’immacolata Concezione.

E’ accaduto che un anno i pescatori nella traversata dell’Addolorata sul mare, ha calato nelle acque un anello d’oro per sancire un patto di fedeltà e di protezione con la Vergine ed anche e per invocare una pesca abbondante di prosperità per tutte le famiglie. Un legame mai interrotto e sempre forte quello dei diamantesi con la Madonna dei Pescatori, che domenica pomeriggio si rinnoverà in una Festa che per il popolo di Diamante è espressione di Fede ma anche di orgoglio delle proprie origini, che nel mare hanno il loro elemento vitale e le radici più autentiche e profonde.

Giuseppe Gallelli

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