Una differente normalità

Di Annalisa Pitrelli 

“niente sarà più come prima!” è questa la frase che sento ripetere di continuo da due mesi a questa parte … ma, mi domando, è poi così terribile se questa previsione dovesse rivelarsi profetica? Il freno che nostro malgrado abbiamo dovuto porre all’ordinarietà della vita ci ha costretto a palesarci per quello che realmente siamo e questo tempo “diverso” ci ha portato non solo a rallentare e, in alcuni casi, a fermarci, ma anche e soprattutto a guardare finalmente dentro di noi, analizzare, rivalutare, rivedere l’ordine delle priorità che diamo a cose e persone, agli affetti, ai rapporti sociali, al nostro rapporto con la natura, ci ha aiutato a scoprirci dotati di forte potenziale, di grandi capacità anche riorganizzative, ci ha portato a ripensare a cosa vogliamo realmente essere sia come singoli individui che come collettività. Ogni lezione, ogni esperienza cambia le persone, le rende più ricche, più mature. Torneremo alla normalità sì, ma ad una “normalità diversa”, in cui sapremo cose nuove, saremo arricchiti dalla consapevolezza di aver attraversato, purtroppo non indenni, un tornado, ma non sarà come prima, dovremmo riuscire a renderla migliore di prima. Mi chiedo però, davvero le persone sono sempre tutte brave ad imparare e migliorare? Abbiamo davvero trovato una nuova umanità? Davvero abbiamo saputo cogliere tutti i significati di questa emergenza, da quello umanitario, sociale, sanitario fino a quello internazionale?  Davvero abbiamo capito che l’economia mondiale può essere messa in ginocchio, non tanto dall’aumento del prezzo del petrolio, ma da un virus che, silente, in punta di piedi, si insiunua nelle nostre vite, devastandole? Pensare ai grandi e sconosciuti eroi che si sono distinti nell’emergenza sacrificando a volte anche la loro stessa vita, guardare ai tanti, tantissimi che, anche se con poche possibilità, comunque hanno offerto e continuano ancora oggi ad offrire il loro aiuto ai meno fortunati mostrando solidarietà e grande senso civico, mi fa sperare che in fondo la lezione sia stata imparata e che abbiamo capito che il bene collettivo è la maggiore risorsa da coltivare, che se stanno bene le persone intorno a noi anche noi stiamo meglio; poi però c’è un’altra faccia della pandemia, quella subdola dei potenti della terra che fanno a gara per accaparrarsi il vaccino o le cure mediche solo per la loro sete di potere e di ricchezza, c’è tanta meschinità in coloro i quali, al pari di uno spaccio di borsa nera in tempo di guerra, hanno speculato con le mascherine o i materiali disinfettanti, abbiamo assistito al drammatico spettacolo della giungla per la cui legge sopravvive solo chi è più forte, chi ha più mezzi! e allora, purtroppo, mi rendo conto che il profitto è ancora in cima alle priorità di troppi.

In questi giorni “strani”, in questo tempo dilatato mi è sembrato di vivere dentro una bolla, tutto rarefatto, suoni attutiti, l’orologio che sembrava rallentare. Questi giorni sono serviti per non essere proiettati più verso l’esterno nella nostra frenetica corsa a rincorrere una immaginata e mai raggiunta felicità o compiutezza, sono serviti a guardare dentro di noi anche per cercare la forza ed il coraggio di cui abbiamo avuto bisogno, mirando ad un’armonia con noi stessi e con tutto ciò che ci circonda, e per molti, senza pensare al possesso e all’accumulazione individuale.

Per quanto mi riguarda, il fatto di non poter uscire, non poter viaggiare, non poter vedere amici e persone care, non poter fare niente di tutte le cose che amo più fare, mi ha spinto ad una forte introiezione su me stessa e ad una analisi del paese che abito. Uscire in strada durante i giorni più neri e ritrovarmi in un assordante ed irreale silenzio mi confondeva, le strade, normalmente trafficate, improvvisamente svuotate e deserte mi provocavano un senso di vertigine, un irreale scenario di una città deserta ma viva, in cui sentivo con l’anima un cuore pulsare, milioni di cuori pulsare all’unisono, improvvisamente vicini idealmente, solidali, uniti nella consapevolezza di condividere lo stesso assurdo destino. Dopo pochi giorni ho iniziato a capire però che non ero avvolta dal silenzio ma da suoni e melodie normalmente soffocati dal chiasso cittadino, sentivo il frusciare delle chiome degli alberi mosse dal vento, il canto degli uccelli, i suoni della natura che piano piano, timidamente usciva a far capolino per riprendersi un piccolo spazio nel mondo, in quel mondo di cui per troppo tempo ci siamo sentiti padroni. Tutta la vita ha cambiato i suoi ritmi, i suoi suoni, i suoi profumi e persino i suoi colori, facendomi capire allora come, senza accorgermene, avevo smesso o semplicemente dimenticato di apprezzare il valore più profondo e spirituale della vita. Inizialmente le mie giornate sono state scandite dal caos in cui tutto doveva essere riorganizzato e riadattato alla nuova condizione di vita, ma, passato il primo momento di smarrimento, ho anch’io, come la maggior parte degli italiani, ripreso il mio lavoro da casa, in modalità “smart working”, familiarizzando velocemente con piattaforme e strumenti digitali. Tutto questo ha richiesto enorme sforzo e fatica, ma mi ha fatto sentire parte di un ingranaggio che per funzionare ha avuto bisogno dell’aiuto di tutti, anche del mio, ciascuno di noi semplicemente facendo la sua parte, il proprio dovere, si è reso indispensabile alla sopravvivenza di una nazione e, per esteso, di tutto il pianeta! Mi consola il pensiero che, nel mio piccolo, posso essere stata d’esempio per i più giovani che in larga parte hanno capito come sia importante recuperare i valori di un intero popolo mettendo da parte la competizione o la sopraffazione, collaborando e cooperando per la salvezza collettiva ed iniziando a pensare più ad un nuovo rilancio creativo e vitale, piuttosto che a far prevalere solo ed unicamente l’istinto di conservazione. Forse abbiamo capito che le leggi della natura sono totalmente indifferenti ai bisogni dell’uomo ed il fatto di sfidarle, il più delle volte con grande arroganza, non ci ha giovato, anzi! Non abbiamo saputo apprezzare per troppo tempo la generosità della terra e le sue risorse ed abbiamo continuamente sfruttato e perforato il suolo, disboscato foreste, frantumato montagne, deviato fiumi, impoverito i mari, avvelenato l’aria, usato il terreno come discarica e creato insediamenti urbani in ogni dove.

Pensandoci bene, forse siamo noi il virus per questa terra!

Per troppo tempo abbiamo creduto di essere al centro del mondo e ci siamo sentiti i veri ed unici dominatori, senza capire che la natura con le sue leggi è l’unico detentore della vita e della morte. Purtroppo ora non si può tornare indietro ed è servito un piccolo, invisibile virus per farci capire che dobbiamo tutti rallentare, ristabilire gli equilibri, rivalutare e soprattutto riprogettare il presente. Un presente fatto di serietà, responsabilità, rispetto, cultura, ricerca e sperimentazione, staccandoci dalle nostre vite privilegiate con immenso coraggio. Un presente ripulito dalle persone legate a meschini egoismi, un presente senza la politica malsana che abbiamo visto in questi ultimi anni, un presente fatto di gente solidale, che collabora e non compete, un presente libero dagli avvelenatori di masse, digitatori feroci del web che scrivono prima di riflettere, sempre pronti a far circolare inutili e spesso false informazioni,  spinti solo dal desiderio di esserci e da un bisogno di autocelebrazione.

In fondo sappiamo di essere un paese generoso, lo abbiamo ampiamente dimostrato, un paese fatto di grandi uomini e donne, ognuno di noi, semplici cittadini del mondo, che possiamo compiere una piccola rivoluzione dentro e fuori di noi con le uniche armi del cuore e della mente, una rivoluzione anche culturale che porti o almeno miri ad un rapporto vero, giusto ed equo tra tutti gli esseri umani e ad un equilibrio tra uomo e natura. È ora, è questa la grande occasione che tutti aspettavamo, è arrivato il momento di ritrovarci e ricrearci per tornare finalmente alla vita, ma ad una esistenza differente, puntando a quella differente normalità che stiamo tanto ricercando in un diverso altrove!

 

L’immagine in evidenza raffigura il Murale “Leviathan – omaggio ad Hokusai”, realizzato da Annalisa Pitrelli a Diamante nel 2018

 

 

 

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