Il Sud, il Mare e la Libertà: intervista a Pino Aprile

 

Di Giuseppe Gallelli

Ho intervistato Pine Aprile la scorsa estate a Diamante in occasione delle presentazione del suo libro “L’Italia è finita”. Pino Aprile è qualcosa di più di uno scrittore da classifica: cifre da best seller ad ogni uscita   ma sopratutto  un seguito che va ben oltre il fatto letterario.  E’ l’intellettuale che ha saputo ricollocare la parola Sud al centro del dibattito culturale.  Nonostante il successo non è certo uno che si dà arie da scrittore “irraggiungibile”,  è   facile dialogare con lui.  Uomo del Sud anche nella disponibilità e nella  gentilezza dei modi,  nell’ironia intelligente e  mai eccessiva, nella voglia di confrontarsi e di spiegare, senza mai  voler prevaricare.   

Uno dei fili conduttori dei  suoi libri è  che la storia che ci hanno raccontato,  la storia ufficiale,  in realtà è diversa da quello che è successo realmente?

E’ un  fatto non solo italiano.  Ovunque la storia che viene divulgata non è che la versione dei fatti di chi ha vinto, e questo avviene ovunque. La  differenza qual è: mentre i vincitori danno la loro versione nei libri di storia,  i vinti raccontano la loro versione,  che normalmente è più vicina alla verità, attraverso l’arte la musica, le canzoni , la pittura, il teatro, il cinema. La versione dei vinti è Guernica di Picasso, la Carmagnola cantata  dai lazzari e dai tamarri calabresi che scacciano i francesi. La versione dei vinti è il Gattopardo. Raccontare quello che è davvero accaduto è visto dai vincitori come un attentato all’ordine delle cose,  non è così,  in molti altri paesi quelle versioni convivono e  addirittura sono  nei libri di storia e la gente sa che c’è stato un momento che i nostri padri se la sono data di santa ragione,  dopo di che   questo è il risultato noi ci stiamo bene, punto fine .

Se il Sud è così ricco, di talenti e di opportunità,  perché non riesce mai a decollare ?

Potrei usare una parola forte, esagerata: la libertà. Perché il sud ha fatto proprio  qualcosa che è spietatissimo dalla psicologia sociale: i vinti, gli oppressi, sono i primi a fare proprie le chiavi della subordinazione offerte e imposte dai vincitori. Se ti dico abbastanza spesso  e soprattutto da posizioni di forza che tu sei meno, sei ladro, sei incapace, sei corrotto, uno poi ci crede. Gli ebrei nei campi di sterminio si inventavano colpe immaginarie per giustificare  ai propri occhi la propria condizione. Quando tu acquisisci consapevolezza di te stesso,  e ti rendi conto  non sei né più bello nè più brutto, ne più incapace ne più capace, sei uno come tutti gli altri. Torni libero,  e  a quel punto diventi un concorrente per il vincitore ed è questo che il vincitore non vuole.  E’ questo che manca al sud:  la libertà interiore di sapere che non sei meno.

Avendo avuto modo di ascoltarla, in molti suoi discorsi traspare un grande amore per il mare.

Il mare è il punto di vista sbagliato dell’umanità.  Questo pianeta viene visto come un pianeta di terra,  ma la terra è un quarto del pianeta che è fatto per   tre quarti di mare e per un quarto di terra.  Noi siamo fatti di acqua  nella stessa percentuale del pianeta.  Noi siamo abbarbicati sugli scogli affioranti. Noi abbiamo isolette  di pochissimi metri quadrati che sono isole di contadini non di marinai. Perché noi abbiamo paura del mare e facciamo bene.  Però la paura non ti deve fermare.   Uno dei momenti più emozionanti per me è stato quando  per la prima volta   con una barca a vela  sono uscito da un porto , tra l’altro un porto con l’ingresso a porto canale. Quel momento è come una rinascita,  i porti hanno  la forma dell’utero materno.   E se tu esci da un porto canale stai  rinascendo ai tre quarti di pianeta che stavi ignorando e che da quel momento  diventano  percorribili per te.

 

 

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