Settimana Santa e Pasqua a Diamante. La Cordata del Venerdì Santo tra fede, religione e tradizioni

La fede è “dono di Dio” accolta con generosità da ogni singola persona che si lascia incontrare e conoscere da Lui, mistero rivelato. Dio è Persona, anzi Tre Persone in relazione d’amore (Padre – Figlio – Spirito Santo). La visibilità di Dio è resa vicinanza nel mistero dell’Incarnazione del Figlio, della sua passione, morte e risurrezione. Vivere con fede la Pasqua è capire questo “fatto – evento” di Gesù, Figlio di Dio, fatto carne che muore e risorge. Capirlo, non vuol dire “saperlo”, “averlo studiato”, ma “esserne capace”, cioè contenerlo nella dimensione di uomo che pensa, parla ed agisce perché “toccato”, trasformato, rinnovato e rimesso in movimento salvifico da quella morte e risurrezione. Gesù è “dentro” il midollo di chi l’accoglie e non rimane una corteccia, un “racconto”. Gesù risorto è vita che entra nell’uomo e lo vivifica.

E così la PASQUA è “vita pasquale”, che, liturgicamente, viene celebrata in un determinato periodo dell’anno, ma permea l’intera esistenza di chi crede. A questo fatto di fede sono legate, più o meno radicate, varie tradizioni, che variano da paese a paese. A Diamante, la caratteristica della Settimana Santa è la tradizionale “Cordata” del Venerdì Santo. Dopo la celebrazione liturgica della Passione del Signore, con l’ascolto della Parola, l’adorazione ed il bacio della croce, si snoda per le vie del paese la processione dei misteri detta “Cordata”. La corda e le corone spinose di cedro o di tralci di “sparacogna” sono il segno di due culture (quella dei pescatori e degli agricoltori) che, all’inizio, hanno messo insieme le loro esperienze e le loro devozioni nella processione prima della Pasqua. Si uniscono legati e camminano insieme alla stessa corda che è l’unica rappresentazione di unione di chi viveva la storia di Diamante. Questa loro unione ha costruito una storia di condivisone e di solidarietà. Ogni Venerdì Santo si continua questa tradizione di fede e di cultura religiosa. Ci domandiamo: che cosa hanno voluto vivere e significare i nostri nonni, padri e amici che ora ci guardano da lassù’? Alla Passione di Gesù sicuramente hanno voluto legare il loro amore per la fede, per la famiglia, il loro sacrificio fatto di rinunce, di sofferenze, ma anche di attese e di speranza per portare, ogni giorno, un pezzo di pane a casa, ma soprattutto la serenità nel cuore. Nella Passione di Gesù hanno scommesso la loro vita di educatori semplici e senza istruzione, ma incisiva e vera. Nella loro semplicità e povertà hanno educato generazioni e generazioni ai valori forti della famiglia, dell’onestà, della responsabilità e della giustizia.

Conservare la Tradizione oggi, vuol dire far rivivere questi sentimenti profondi, rilanciare la sfida della luce contro le tenebre del male che serpeggia nelle persone, nelle nostre case, nel nostro paese. Sta a noi decidere se vogliamo essere gli sconfitti e gli umiliati della storia oppure ridare un senso, una speranza, una continuità alla vita e alla società.​ Alla Passione di Cristo, ahimè, purtroppo dobbiamo aggiungere tante altre passioni e sofferenze che la nostra comunità diamantese, e non solo, vive. Vivere questa giornata, dietro Gesù che va al Calvario, vuole essere il nostro “sì” a Dio, ma anche il nostro “sì” a coloro che ci hanno preceduto sulle strade di questo paese, nella Cordata dei misteri. E’ importante conservare, custodire e far rivivere, magari con momenti di riflessione la bella storia di Gesù Salvatore del mondo e la risposta di un popolo che non dimentica le proprie origini. Altra caratteristica sono i “Cori della Passione”, formati da uomini, giovani e anche giovani ragazze, che, in tutto il periodo della Quaresima, si allenano nel provare, in circolo all’esterno, questo “lamento” che invita alla riflessione. Molte persone non capiscono il significato delle parole, ma sono dettate e scritte dalla devozione e dal cuore di chi ci ha preceduti per aiutarci ad interiorizzare la sofferenza di Gesù. Le braccia dell’Addolorata, che accolgono, al Calvario, il corpo del Figlio morto e deposto dalla croce, sono l’espressione di un sentimento tenerezza che la Mamma Celeste continua ad espandere sui suoi figli.

Don Michele Coppa – Parroco dell’Immacolata Concezione di Diamante

Facebooktwitter